giovedì 25 ottobre 2012

HoPensato : Incomunicabilità generazionale.

E' una epoca strana quella in cui viviamo, ricca di paradossi.
Il motivo per cui si debbano creare paradossi è esso stesso un paradosso. Voglio dire, se stai correndo e davanti a te vedi un muro, fermati, no? 
No.
La società attuale concorda sul fatto che il muro debba essere ignorato, altrimenti poi non si ha nulla di cui lamentarsi e per cui piangere.
Piangere fa figo.
Piangere fa moda, vedi Emo.
Lamentarsi e non far niente fa figo, fa moda, fa Italia.

La differenza con molti paesi esteri è che almeno loro non si lamentano.

Accade così che si ha difficoltà ad accettare la realtà, quella che leggiamo ogni giorno nei quotidiani e tra le loro righe (e qui potrei dilungarmi in una polemica sulla stampa pilotata, ma lasciam perdere..), quella che ascoltiamo nei telegiornali e di cui riceviamo gli aggiornamenti via sms. 

Ma anche la realtà che emerge durante le file.

Già, la fila, questo eterno mezzo di interscambio sociale, uno dei pochi momenti di aggregazione popolare che la tecnologia ancora fatica a distruggere.

Perchè che lo vogliate o no, che abbiate lo smartphone più figo della galassia, che siate superesperti di social networking, reality show, televisori lcd, plasma e pugni atomici rotanti, comunque nella vostra vita, vi capita per forza di stare in fila.

Fila al supermercato per pagare (e vogliamo farci due risate sul concetto di "cassa veloce" o di "cassa max 10 articoli" a cui si presentano puntualmente persone coi carrelli pieni?), fila alla posta, fila in banca, fila alla mensa, fila al McDonald's, fila al cinema, fila in discoteca, fila in stazione, fila in aeroporto, fila pure dentro casa, quando ci scappa la pipì e abbiamo un solo bagno cui usufruire in 5 (e in questo caso, c'è mia suocera che ha una sorta di timer chiaroveggente interno, per cui la sua vescica manda impulsi al suo cervello un millisecondo prima che lo faccia la mia).

Ed è in questo contesto che è nata una nuova forma di incomunicabilità tra le generazioni, per cui chi è oltre i 55 anni non solo non comprende i propri figli, ma non si rende conto di avere un problema in questo senso.

Fondamentalmente il tema che fa ardere la fiamma dell'incomprensione è quello del lavoro, come già più volte sottolineato dalla nostra classe politica che ha definito la fascia da 30 a 40 anni con tutta una serie di epiteti come il famoso "bamboccioni" dell'onorevole Tommaso Padoa Schioppa, ai più recenti "mammoni", fino a considerazioni illuminanti come quella del nostro Presidente Del Consiglio (non eletto) Mario Monti che se la ridacchia ed esordisce con "il posto fisso è monotono", come se invertire questa tendenza toccasse al Mago Merlino e non a lui.

Oggi lavoro non ce n'è.

Chi ha 35 anni se ne fa una ragione e tira a campare con la pazienza e l'ottimismo che gli permette di ipotizzare cambiamenti prossimi per tornare ad avere come obbiettivo una famiglia solida, una casa, il nuovo iPhone e un lavoro che ti permetta di guadagnare il necessario a comprare tutto questo.

Basta aprire un giornale di annunci, un sito di queste ditte terrificanti che ti promettono lavorolavorolavoro o peggio ancora quei deprimenti manifesti in edicola che ti dicono robe tipo "Concorso per 20 impiegati alle Poste, serve laurea in astrofisica più raccomandazione da alte sfere ministeriali". Quello che trovi, appunto, annunciato passa dall'incentivo al suicidio, fino al velato suggerimento a rinunciare, attaccandoti al piffero.

Ma questo, purtroppo, i sessantenni del 2012 non lo capiscono.

Secondo loro, hanno ragione i ministri : i trentenni sono viziati (..cazzo, davvero? E chi li avrà viziati?!...Pippo Baudo...?!?!), vogliono tutto pronto, pranzo, cena, lavatrici fatte dalla mammina, ma soprattutto non vogliono faticare, non vogliono impegnarsi o al massimo, se devono farlo, hanno assurde pretese di essere aiutati dai propri genitori.

"Ma che si rimbocchino le maniche....io ai miei tempi mi sono fatto il culo............"

Ma certo, non conta nulla se negli anni 60 il mondo era un pelo diverso...



Avvengono quindi queste divisioni tra tipologie di genitori:

a) I rassegnati, cioè quelli che amano i loro figli e sono consapevoli che l'unico modo perchè campino degnamente è sulle spalle della loro pensione e dei loro risparmi. E chissà se un giorno questi figli avranno una propria pensione...!
Non sono particolarmente informati sulla situazione attuale del mondo, ma credono in ciò che i loro figli dicono, quindi sono al loro fianco sulla fiducia.

b) Gli sfidanti, cioè quelli che sono irritati da questa presunta apatia dei figli, vorrebbero scuoterli in qualche modo e perciò passano il loro tempo ad umiliarli, calpestarli, dando loro briciole di aiuti economici e zero aiuti morali, ma correndo a reagalare un rene al primo che passa, che è senz'altro migliore di quel debosciato nullafacente del proprio figlio. Sono genitori che vedono i trentenni di oggi come parassiti, che se alzassero il culo dalla sedia e si staccassero da Facebook, troverebbero lavori a camionate e non importa se pagati o meno. Il lavoro nobilita, non è educazione chiedere al proprio datore di lavoro "quanto mi paghi". Per dire, se lavori ad un call center e fai il turno dalle 20 alle 4 di mattina, non stai lavorando, anzi esci cogli amici. Se invece esci la mattina alle 7 si, poi che ti paghino 300 euro al mese non conta niente.

Non c'è niente che faccia cambiare idea a questi genitori : sono antichi, tradizionalisti, "comunicazione costruttiva" è una definizione ignota, non contemplata, totalmente al di fuori delle loro capacità recettive. E se glielo fai notare, si incazzano pure, perchè non capiscono che minchia stai dicendo.


Come si esce da questo circolo vizioso? 

Mi chiedo se sia solo possibile.

E temo di no.

Far cambiare idea alle mentalità più tradizionaliste in Italia è una utopia.

Continueranno a correre contro il muro e a scontrarvisi per poi lamentarsi che fa loro male alla testaccia dura.  Magari se fai loro presente che possono evitare il muro, fermarsi, scansarsi di lato o anche solo correre più forte per tentare di sfondarlo, ti rispondono con un mugugno, come a dire che stai parlando di fantascienza.

La conclusione è questa, insomma : i nati negli anni 70 devono davvero rimboccarsi le maniche, ma devono innanzitutto comprendere che i nemici da affrontare non sono solo il lavoro che non c'è, la politica corrotta e inaffidabile, la crisi economica, ma anche l'impossibilità di comunicare con chi dovrebbe essere al loro fianco a risolvere problemi che forse nascono proprio dalla cecità della loro generazione.

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