lunedì 28 novembre 2016

Il Principe Nero.

Ho ricevuto questo racconto della sua storia realmente accaduta da una cara amica, praticamente una sorella che ha attraversato, come leggerete, uno dei periodi più bui della sua vita.

Non è detto sia tutto finito, anzi.

Però, pubblicare la sua storia (e non citerò il suo nome), potrebbe essere un monito, un avviso, uno strumento per svegliare qualcuno che ancora non ha capito come funzionano queste situazioni.

Sì, la prima cosa che verrà in mente è l'accusa di razzismo e voglio essere sincero : probabilmente avete ragione. Ma se di razzismo leggerete, sarà un razzismo non nato da pregiudizi e luoghi comuni, bensì dal dover subire sulla propria pelle, anzi sul proprio corpo, nella propria casa, a costo della propria serenità,  le conseguenze di aver creduto candidamente alle parole di un individuo che, anche se lo considerassimo al massimo delle buone intenzioni possibili, rimane distante, molto, troppo, estremamente, dai parametri che siamo abituati a concepire per una vita tranquilla e dignitosa.

Il rispetto per la donna, l'umiltà di accettare il bene che ti viene fatto...tutto lontano anni luce.

E il tutto nato da un misto di ignoranza, arroganza, ottusità nel non volersi impegnare ad accettare le regole della mano che ti sta aiutando a non affogare.

Non metto foto, né grafica alcuna in questo post, come sono solito fare qui nel mio blog : sarebbe superficiale e fuori luogo. Meglio solo lo scritto, lasciando che la vostra immaginazione giri il film di questa storia come tante.

Ecco a voi quindi la storia di J, in tutto il suo esplicito squallore.

“ Il Vero sta bene con tutto”

Iniziamo dalla fine, rabbia, rabbia, tanta rabbia.

Rabbia per l'ingiustizia, per l'incomprensione, per la dignità lesa.

Viviamo nell'epoca del malcontento, qui in Italia, come nel resto del mondo, la vita è pesante, i sentimenti si perdono nelle chat delle piattaforme sociali, i progetti affogano in un mare di disillusioni, qui per noi 40enni europei, ma in fondo siamo ancora fortunati perché il nostro paese non è lambito da guerre e come possiamo, in barlumi di umanità di una società disumana, tendiamo una mano a chi è meno fortunato di noi, magari in fuga per salvare la vita, magari in cerca di una nuova opportunità.

Il fenomeno dell'immigrazione dai paesi extracomunitari, è una realtà fortemente presente nel nostro paese; come è naturale che avvenga tra esseri umani ci si conosce, ci si frequenta e in qualche caso ci si innamora o almeno ci si prova.

Si prova sì, perché spesso, troppo spesso, le differenze culturali hanno la meglio sui sentimenti e questi amori interculturali si rivelano trappole.
Vi racconto la mia storia, con la speranza che serva a far aprire gli occhi alle donne che soffrono inseguendo un sogno che difficilmente si realizzerà.
Sono single da diverso tempo,  frustrata da "startup" di storie che non partono mai, un po' perché davvero anche il tuo vicino di casa sembra arrivi a sentire la fatica di invitarti a prendere un caffè...un po' perché a 40 anni, si è in una fase di transizione e coetanei, amici, conoscenti, persone incontrate per caso in un locale, raramente sono single e disposti a conoscerti.
Da qualche tempo,  però, ricevevo messaggi su Facebook da un ragazzo africano. Non gli avevo mai dato peso, ma  un pomeriggio,  tornando dal lavoro e sorseggiando la meritata birra catartica, mi arriva l'ennesimo suo messaggio, di quelli semplici, tranquilli, che una donna si aspetta dal vicino di casa con cui uscirebbe volentieri, previa uscita di quest'ultimo dal letargo :  “Che fai? Se ti fa piacere un giorno vediamoci per un caffè!”

Semplice. Essenziale. Efficace. Mi si apre un mondo.

Penso : "Ah però vedi esiste ancora qualcuno in grado di non annichilirsi dietro uno schermo! "
Ma li per li non gli rispondo ancora, curioso sul suo profilo cerco le sue foto, e accipicchia non è per niente male!
Coincidenza vuole che abbiamo in comune un'amica, una delle persone più care che conosco : le scrivo per sapere  se lo conosce, se è una brava persona, se posso fidarmi ad incontrarlo di persona, lei mi rassicura “è uno dei ragazzi che sta al centro d'accoglienza in cui lavoravo, è un bravissimo ragazzo vai, secondo me ti fa bene!”
Ci penso ancora due giorni, non si sa mai che il Principe Azzurro bussi alla mia porta.... ma niente, quindi contatto L.

Lo ammetto, mi fa un po' paura all'inizio, non ho mai interagito prima così da vicino con un ragazzo di una cultura così diversa dalla mia, ma  iniziamo a scriverci per qualche giorno.
Ho cercato di temporeggiare per capirne un po' di più,  ma lui sembrava davvero un tipo tranquillo e così una sera finalmente ci diamo un appuntamento.

Passiamo una bella serata, serena, in cui mi informo sulla sua storia, su come è arrivato qui e soprattutto gli chiedo esplicitamente se ha moglie in Africa : lui mi dice di avere un figlio ma nessuna donna né qui né lì, che la sua famiglia sono sua madre, sua sorella e il bambino e che sta male perché lui, il padre, è lontano,  ma mi assicura di non essere sposato con la madre e che la storia che li ha portati ad essere genitori è conclusa.

Usciamo ancora i giorni seguenti e molto presto lui inizia a dichiararsi innamorato di me.
Nei modi è sempre disponibile, aperto ad uno scambio anche culturale, sembra molto inserito e ben disposto verso gli italiani, mi rassicura sui tanti dubbi che io pongo per dare inizio ad una relazione perché io sono più grande di lui, perché io sono una donna complicata da gestire anche per uomini della mia stessa cultura e soprattutto perché sono spaventata dalle tante storie di donne bianche infinocchiate da Principi Neri di cui si legge su giornali e social network.
Tutto fila liscio per circa due settimane :  mi sembra troppo bello per essere vero!

La sera del mio compleanno, a metà luglio, accade il primo fatto che mette in moto la sfiducia :  un messaggio vocale di una donna con la voce disperata che parla una lingua che non capisco e che lui tenta in tutti i modi di nascondermi ;  alla fine mi dice è la moglie di mio zio ma la mia luce di allerta ormai è accesa: perché tentava di nasconderlo?
Da lì il inizia il declino.
Continuiamo a frequentarci ed anzi intensifichiamo il tempo che passiamo insieme, probabilmente perché lui non vuole mollare la presa, ma più tempo stiamo insieme più arrivano chiamate di donne africane ad ore e intervalli preoccupanti per me che ho paura di essere l'ennesima bianca ingannata da un africano.
Lui mi rassicura ma io non reggo al dubbio che mi tormenta così lo lascio, neanche venti giorni dopo l'inizio della nostra relazione.
Lui impazzisce, piange si dispera, sfiora lo stalking,  mi si presenta davanti casa, mi fa chiamare da uno degli operatori italiani che lavora nel centro dove abita per farmi dire che lui è onesto, che è innamorato di me, che le donne che lo chiamano sono le “sorelle” (sorelle che poi si sono trasformate in cugine in mogli di zii, ...ad oggi non sono riuscita a capire i gradi di parentela in Africa) così vedendo tanto strazio gli do una seconda opportunità.

Andiamo avanti ma non sono felice, lui non accenna a volermi rendere partecipe della sua vita in nessun modo e la frequentazione consiste in lui che viene a casa mia di notte e la mattina scappa e se ne va sparendo anche da comunicazioni telefoniche per molte ore per poi tornare di nuovo la sera.

Non si esce, non si passeggia, abito in una zona di mare ma lui non vuole mai andare in spiaggia, è estate ma il gelato la sera a lui non va, c'è un concerto, viene anche la nostra amica comune ma lui si vergogna e rifiuta.
Duro altri dieci giorni lo lascio di nuovo, blocco il suo numero, chiedo disperatamente ai miei amici di ospitarmi qualche giorno per non farmi trovare a casa ma non trovo disponibilità.
Spaventata e sconvolta vago per la città, dormo in giro all'addiaccio senza tornare a casa per due giorni poi mi faccio coraggio e decido di rientrare perché non è giusto che non possa stare a casa mia.

Torno e lo trovo li.

Sempre disperato e sempre inneggiante a questo amore smisurato che ha per me.

Ci ricasco di nuovo (se una è stupida è stupida!) andiamo avanti con grosse litigate e con me ormai trasformata in un agente della Stasi, frustrata perché tutte le sue comunicazioni con la sua vita fuori da casa mia avvengono in una lingua che non capisco anche nei casi in cui l'altro interlocutore conosce l'italiano (anche per questione di educazione sarebbe stato carino farmi capire qualcosa, ma niente) e questa eterna domanda : sta al telefono con chi?
Nel frattempo lui mangia, si lava, dorme,  guarda partite in streaming, mi chiede di dargli lezioni di italiano, tutto rigorosamente gratis a casa mia, escluso il tempo che era obbligato a tornare al centro di accoglienza dove vive per fare la firma di presenza.
Arriva settembre lui inizia un corso di cucina : non sa dove si trova il posto dove deve andare, mi offro di accompagnarlo ma lui fa in modo e maniera di andarci da solo e nel frattempo mi mette il veto anche soltanto di avvicinarmi al posto in cui vive; i miei sospetti sono ormai alle stelle come una pazza cerco di controllarlo in tutti i modi ma non ci riesco.

La storia comunque va avanti ma io perdo il controllo. All'ennesima telefonata in piena notte da questa tizia salvata nella sua rubrica come "Mama", la famosa improbabile “sorella” o comunque parente che lo chiama in continuazione,  do di matto lo caccio via di casa.
Sono ancora sconvolta e il giorno seguente non sono lucida, quindi mi schianto con la macchina a 100 all'ora mentre litigo  al telefono con lui.

Basta, stavolta sono decisa, è finita.

Ma niente,  lui continua con le incursioni davanti casa mia, i miei vicini iniziano ad accorgersi che forse ho un problema, manifestano la volontà di voler chiamare i carabinieri se lo vedono ancora così per non farlo ritrovare in situazioni spiacevoli ci parlo di nuovo.

Lo accetto ancora bevendomi la marea di bugie che mi racconta e scendendo al compromesso con me stessa che in fondo se quella che lo chiama è la moglie, sta in Africa e almeno fisicamente lui sta qui con me (male moolto male) e che magari si trova invischiato in una situazione che non può o non sa gestire.
Ma non mi sento tranquilla, non è solo per le chiamate quanto per l'alone di mistero in generale ed ho paura che abbia altre situazioni ambigue qui in Italia, magari simili alla mia e proprio in questa ottica, scopro che con le persone che aveva conosciuto frequentando il corso di cucina (gratuito per lui) che negava pubblicamente di avere un impegno con una donna e, oltretutto, che ci "provava" con una compagna di corso, anche in maniera prepotente.

Mi crolla il mondo addosso.

Mi sento privata della mia dignità, lo chiamo inferocita mandandogli lo screenshot della conversazione con una sua compagna di corso che ero riuscita a contattare e che lui aveva provato a baciare,  lui inizia ad insultarmi, ad umiliarmi, a darmi della puttana perché sono bianca,  a lamentarsi della qualità del cibo che gli avevo sempre offerto (lui non mi ha mai offerto nemmeno un caffè)  e dulcis in fundo del fatto che non ho mai fatto niente per aiutarlo. Il tutto guarnito da mille insulti e offese irripetibili e naturalmente dandomi della razzista.
Signore mie....Fate attenzione!!!
Mai vorrei che la mia storia alludesse al razzismo di bassa leg, ma è un dato di fatto che questi ragazzi non sempre scappano da situazioni insostenibili mentre io, italiana, devo arrampicarmi sugli specchi per arrivare a fine mese perché non sono ricca, devo pagare tutto, la casa, il cibo, i vestiti,i biglietti per i mezzi , le medicine e se volessi frequentare un corso professionale dovrei pagare anche quello, mentre se fossi io ad emigrare non avrei nessun tipo di assistenza e mai mi sognerei di fare del male a chi mi accoglie con la mano tesa.
No gli africani non sono tutti uguali e non voglio demonizzare nessuno,  sarebbe una grande gioia per me potermi ricredere su tutte le idee che ora mi sono fatta.
No gli africani non sono tutti uguali ma quello che è capitato a me purtroppo, sembra un copione già visto e rivisto mille volte anche se forse perso nei media tra accuse di razzismo e stereotipi.
Non ho intenzione di dare retta a quei politici che fanno leva su storie come la mia per accaparrarsi consensi, ma non si può nemmeno ignorare un fenomeno come questo : il mio caso non è certo l'unico, anzi.

Troppo spesso, giovanotti come L. arrivano in Italia non solo per fame o perché scappano dalla guerra (in molti paesi da cui provengono questi immigrati non c'è alcuna guerra!) ma perché sanno, tramite passaparola, tramite la diffusione incontrollata di quello che noi chiameremmo leggende metropolitane, che qui in Italia hanno vita facile, praterie pronte ad essere percorse sia con umiltà, serenità ed il giusto impegno nei confronti del contesto sociale che li accoglie, sia senza porsi scrupoli, senza rispettare niente e nessuno, anzi pronti a far leva sulle debolezze che noi, ingenuamente, mostriamo loro.
Il "Principe Nero"....diventa facilmente uno stalker, se non addirittura uno stupratore.
Il Povero Immigrato...esige, pretende soldi, cibo, vestiti, aiuti per lavoro, un cellulare, trasporti gratuiti e se l'italiano non glielo fornisce prontamente, si indigna.
E purtroppo è vero : ottiene e molto facilmente.
Non è razzismo, non è demagogia : vengono qui e pretendono abiti firmati, lo smartphone ultimo modello, vitto e alloggio di qualità.
Un italiano che ha bisogno di rimettersi in gioco nella vita, di lavorare, di un aiuto, non ha diritto di chiedere nulla, non ha sconti, non ha benefici.
Un africano, arrivato clandestinamente, ha tutto,  gratuitamente.
E l'africano è il primo razzista : pronto a sbandierare quanto subito dal suo popolo ai tempi delle guerre mondiali, quando l'Africa veniva colonizzata da Francia, Portogallo e anche Italia, per sentirsi in diritto di calpestare, insultare e soprattutto porsi come vittima di un sistema sociale che qui da noi è stato sepolto decenni fa.
Anche se al suo arrivo, l'africano si ben dispone, non ha la capacità di comprendere una società così distante dalla sua e da ciò che ha immaginato di trovare : qui le donne non sono oggetti, qui il lavoro non si trova facilmente. Ma lo Stato, ahinoi, continua a comunicare questo o forse, semplicemente, non si muove in maniera sufficiente per far capire ai paesi di provenienza di queste persone cosa ci sarà ad accoglierli se sceglieranno di partire.
Non sono stata stuprata, non arrivo a dire che L. abbia fatto questo, né mi sento di dire di aver subito dello stalking, anche se amici e conoscenti che conoscono la situazione ritengono che il confine lui lo abbia superato abbondantemente. Di fatto a letto ero consenziente e la porta di casa l'ho aperta io, intenzionalmente, rapita un po' dalla tenerezza, un po' dal bisogno di compagnia, un po' dal senso di colpa su cui L. faceva volutamente leva, pronto a darmi della razzista se non lo aiutavo come lui voleva essere aiutato.
Conosco altre donne che hanno scelto di tentare la storia con un "Principe Nero" : tenendo ben presente a cosa si va incontro, essendo pronte alla sottomissione fisica e mentale totale, si vive tranquillamente.

E appunto, conoscendo altre storie simili, sono costretta a fare alcuni distinguo : L. è certamente un caso tra i più comuni, non il peggiore esempio dello scontro tra cultura africana e quella europea;  la prepotenza non era intenzionale, il sesso era appena una sua necessità fisica, come lavarsi o andare in bagno e nella loro cultura, la donna che non si lascia prendere dal suo uomo è degna di biasimo, se non addirittura di essere punita. Il rifiuto semplicemente non è consentito. Lui era irruento, prepotente ma non ritengo di aver subito un abuso.

La ferita peggiore è la serie di insulti, evidentemente covati a lungo, che andavano dall'umiliare i pasti che per mesi gli ho offerto, pagando con i frutti del mio lavoro (precario), i tradimenti e le menzogne nate dall'esigenza di avere di più di quel poco che potevo offrirgli con il mio corpo e la mia casa, magari andando per tentativi e scovando donne che soffrendo di solitudine, sono ancora disposte a sognare un po'.

Non si tratta di razzismo, tutti noi siamo pronti ad aiutare chi ha bisogno.
Ma a che prezzo?

Ecco, queste le parole di J , una amica cara che teme di non essersi ancora liberata di questo uomo che forse, effettivamente, nemmeno può essere considerato stalker, forse più un figlio di puttana che riesce a fare leva sulle debolezze di una donna che a 40 anni non è riuscita a costruirsi una famiglia sua, né una storia d'amore solida e duratura.
Non uno stalker, quindi, perché J la porta di casa sua l'ha sempre aperta consapevolmente.

Come chiamarlo?

Di fatto, ciò che ha subito J è un plagio, una coercizione psicologica nata dall'esigenza di questo individuo come tanti di trovare una casa, un pasto e un corpo da fare suoi, come se gli fosse legittimamente dovuto così come fosse suo e solo suo il diritto di stabilire la qualità del bene che gli viene fatto.

Non so cosa dire : questo è un caso come tanti, certo ci sono situazioni analoghe che sfociano in un amore reale, così come altrettante che finiscono nel peggiore dei modi.

Ma non sarà il caso di iniziare a prendere in considerazione che bisogna smetterla di etichettare tutti gli argomenti scomodi come "demagogia" e iniziare davvero a fare qualcosa per risolvere il problema non dell'immigrazione ma dell'integrazione, cercando di capire SE effettivamente chi abbandona il proprio paese intende integrarsi con il paese che lo ospita?